Il bilinguismo fin dalla prima infanzia – Intervista
“At home. Everywhere” con i suoi tanti progetti dedicati ai bambini e alle loro famiglie, promuove un’innovativa alleanza educativa che mira a creare una stretta collaborazione tra casa e scuola. Al centro di questa visione, emerge il progetto “Bilingual is Possible” un’iniziativa rivoluzionaria dedicata ai genitori e ai bambini dai 9 ai 18 mesi, che si propone di creare consapevolezza riguardo all’approccio naturale al bilinguismo infantile, favorendo il dialogo tra genitori, sfatando preconcetti e stereotipi legati al bilinguismo nella prima infanzia.
Una testimonianza diretta: L’esperienza di Chiara.
Per comprendere meglio come “Bilingual is Possible” possa introdursi con naturalezza nella vita delle famiglie, abbiamo intervistato Chiara, una mamma che ha partecipato alla seconda edizione del progetto insieme a sua figlia Sveva.
Quali sono le prime tre parole che ti vengono in mente quando pensi al progetto “At home. Everywhere”?
Questo progetto offre ai bambini, già all’infanzia, la possibilità di abbracciare un approccio che solitamente si sviluppa più tardi nella vita. Definisco il vostro progetto come un avanguardia, date la possibilità ai bambini di allargare il proprio orizzonte. Abbiamo una cultura italiana pazzesca che però, secondo me, ci limita, abbiamo delle radici molto profonde e non sempre riusciamo ad aprirci agli altri, alle altre culture.
Credo che tutti dovremmo essere cittadini del mondo. Infatti, credo che l’evoluzione della visione del mondo sia centrale in questo progetto, poiché promuove l’idea che la lingua inglese debba diventare una normalità, fornendo agli individui una chiave per aprire molte porte. Essa rappresenta un’arma vincente per il futuro, offrendo innumerevoli opportunità che, con la conoscenza dell’inglese, diventano accessibili a chiunque desideri esplorarle.
Qual’è la cosa che apprezzi di più del progetto?
Il modo autentico in cui vi avvicinate all’insegnamento della lingua. Collaborando con l’università, ho avuto l’opportunità di notare la differenza nell’approccio. Voi sapete come interagire e comunicare in lingua, coinvolgendo i bambini in modo giocoso ed entusiasmante. Questo approccio rende l’apprendimento della lingua un’esperienza avvincente. Vedere i bambini incuriositi e felici di partecipare è la conferma che insegnare dovrebbe essere così, creando una connessione autentica.
Siete competenti non solo nella conoscenza della lingua, ma anche nelle esperienze che proponete, rendendo il tutto vivo e coinvolgente. Questo trasforma l’apprendimento della lingua in un vero piacere, stimolando la curiosità. Chi comprende l’investimento economico in un progetto del genere riconosce che sono soldi ben spesi. Tuttavia, comprendo che non tutti condividono questa visione, e credo che ciò possa riflettere una questione culturale.
Parlami un po’ di te e della tua filosofia come famiglia verso le lingue. Mi hai detto che spesso fate dei viaggi all’estero. Mi parli di queste vostre esperienze?
La mia esperienza con l’inglese inizia sin da giovane, frequentavo un liceo scientifico bilingue che promuoveva l’uso attivo di questa lingua attraverso progetti e esperienze all’estero. La lingua inglese è stata parte del mio percorso di formazione, e oggi la utilizzo anche nel mio lavoro, comprese le ricerche universitarie e la collaborazione con il mondo dell’educazione.
In casa, non sono una mamma logorroica ma cerco di creare un ambiente divertente e coinvolgente per le mie figlie attraverso giochi, letture e altre attività che le rendano curiose e interessate. Una delle nostre grandi passioni è viaggiare. Sin da quando le bambine erano piccole, abbiamo iniziato a esplorare il mondo insieme. Il viaggio è un’opportunità straordinaria, le mie bimbe rimangono affascinate quando mi sentono parlare e comunicare in una lingua diversa, le incuriosisce. Prima dei nostri viaggi, coinvolgiamo le bambine nell’organizzazione, creando un senso di curiosità e anticipazione. Viaggiare implica spesso lasciare la propria zona di comfort e affrontare situazioni diverse, il che può essere una sfida. Tuttavia, credo che queste esperienze siano fondamentali per la crescita e l’apprendimento, e sono contenta di aver trasmesso questa passione alle mie figlie.
Mi hanno raccontato che ci segui come gruppo di lavoro già da un po’ di tempo. Hai iniziato prima con tua figlia più grande e ora anche con la più piccolina. Cosa ti ha spinto a iscrivere le tue bimbe al progetto fin da piccolissime?
Ho iscritto Gioia, mia figlia più grande, che aveva due anni perché sai quella cosa che quando tu sei piccola e avresti voluto che tua mamma ti facesse fare questa cosa? Ecco, ho capito che posso dare a mia figlia qualcosa in più, metterla in una posizione di vantaggio fin dall’inizio. Ho deciso di provare, lei non ha niente da perdere, può solo divertirsi, e allora perché non offrirle l’opportunità di imparare qualcosa in più?
So come si insegna l’inglese dalle elementari in poi, con il quaderno e tutto il resto, è molto schematico. Credo che sia questo il momento di creare delle basi solide, creando automatismi in modo naturale. Io e lei abbiamo un accordo, lei deve continuare questo percorso fino almeno alle medie e questa nostra scelta mi sta ripagando, Gioia comprende la pronuncia e si avvicina alla lingua in modo diverso adesso, cerca di capire il testo delle canzoni, prova a parlare quando siamo all’estero, anche se a volte fa degli strafalcioni, ma ci prova. Da grande, ognuna delle mie figlie potrà scegliere la propria strada, ma l’inglese rimarrà per la vita.
Come sei venuta a conoscenza del progetto?
Grazie ad un’altra mamma: sua figlia più grande aveva partecipato ai vostri laboratori in lingua inglese e me ne ha parlato molto bene. Nonostante le nostre bimbe, all’epoca, fossero ancora molto piccole, vi abbiamo contattato per chiedere se fosse possibile attivare un laboratorio già dai 2 anni e così è stato!
Quest’anno hai partecipato insieme a tua figlia più piccola al progetto “Bilingual is possible”, progetto che ha fatto da cornice durante i primi 3 incontri ai laboratori pomeridiani in lingua inglese che frequenterà Sveva per i prossimi mesi. In relazione a questa esperienza ti chiedo: quali erano le tue aspettative quando hai iniziato questo progetto di bilinguismo? Cosa ti aspettavi di dover fare come genitore durante gli incontri?
Mi aspettavo di dover giocare e di vivere un’ora in modo divertente ma, allo stesso tempo, mi aspettavo di capire come ci si potesse avvicinare e vivere la lingua con dei bambini così piccoli, quando ancora comprendono poco. Sapevo che la nostra interazione doveva essere leggera, non eravamo noi i protagonisti ma dovevamo far vedere che c’eravamo ed essere propensi a partecipare senza ansia da interrogazione, ma piuttosto un’interazione attiva e coinvolgente.
Come ha reagito Sveva dopo i primi incontri? Hai portato avanti qualche suggerimento che ti è stato consigliato? Se si, quale?
Sveva ha reagito con grande entusiasmo, era così contenta che non voleva togliersi lo zaino quando siamo tornate a casa perché voleva tornare indietro immediatamente. Le canzoni le sono piaciute molto, e in modo creativo e a modo suo le canta spesso. Quando siamo a casa mi prende le mani per rendermi partecipe mentre canta la canzone “jump up & down” che avete proposto al primo incontro, le è rimasta molto impressa.
Personalmente, mi piace molto leggere, e durante la lettura cerco di immergermi completamente nella storia, utilizzando voci teatrali, mi diverto con il racconto e mi sento a mio agio in questo ruolo. Consiglio quello della “Strega Rossella” e del “Gruffalo”. A casa leggiamo anche “Che cosa ha perso la Topolina Inglese? “ un libro sia in italiano che in inglese, ottimo per approcciarsi alla lingua. Di recente stiamo leggendo il cofanetto delle “Sette emozioni”, più complesso ma molto bello, parla di come siamo fatti, affrontando temi importanti ma a portata di bambino.
Che ruolo gioca Gioia nell’avvicinare la sorellina alla lingua inglese?
Sveva imita e segue Gioia in tutto, soprattutto con le canzoni e i libri hanno creato un momento speciale tutto loro. Sveva spesso chiede a Gioia di cantare le canzoni in inglese che conosce e Gioia le legge anche i libri, a modo suo chiaramente.
Per concludere, ti chiedo se pensi che ci siano abbastanza iniziative nel territorio per supportarti in questo percorso?
Si ci sono, se le vuoi vedere. Siamo fortunati a trovarci in una zona in cui ci sono molte opportunità, specialmente tra Reggio Emilia e Modena, ma devi volerle cogliere.
Quali consigli o suggerimenti avresti per altri genitori che desiderano approcciarsi ad un progetto di bilinguismo per e con i propri figli.
Il mio consiglio è di avere una visione più ampia. È importante considerare l’approccio che si può offrire al proprio figlio come un progetto a lungo termine dove si può dar loro la possibilità di imparare una lingua in modo efficace, evitando di concentrarsi solo sulla grammatica o sulla memorizzazione, ma partendo da un discorso di comprensione. Questo è ciò a cui mi riferisco quando parlo di visione. Troppo spesso, le lingue vengono insegnate in modo frammentato e con brevi interventi nella scuola, che spesso hanno scarsa durata. È importante capire che, se non si allena costantemente una competenza, questa rischia di non essere interiorizzata appieno. Pertanto, è fondamentale avere una visione più ampia e un impegno a lungo termine nell’approccio alla lingua.
La sinergia della relazione tra facilitatore e genitori apre le porte a un mondo di opportunità e crescita. L’esperienza di Chiara dimostra come l’educazione bilingue possa ampliare gli orizzonti dei bambini fin dalla più tenera età, fornendo loro una visione globale e un vantaggio significativo per il futuro. La partecipazione attiva dei genitori è cruciale in questo percorso. Attraverso una visione a lungo termine e un approccio coinvolgente, i genitori possono aiutare i propri figli a costruire basi solide in modo naturale ed efficace. Con il giusto impegno, le lingue diventano uno strumento potente per aprire porte verso una vita ricca di opportunità e connessioni globali.
– Carla Romina Turros, referente Bilingual is Possibile e coordinatrice AHE
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